CENNI STORICI SULLA CITTA' DI TERRACINA
L’allocazione naturale di Terracina la designa ab antiquo ad essere punto di approdo sicuro, come già segnalato copiosamente nella letteratura che da Omero a Virgilio, fa' approdare tra il Circeo e la penisola di Gaeta numerosi eroi provenienti dalla guerra di Troia.
Ritrovamenti archeologici più recenti del territorio confermano anche le affermazioni ed indicazioni di Plinio e di Livio: quest’ultimo in particolare, nel descrivere la conquista della città da parte dei Romani (400 a.C.) ci fornisce l’immagine di una città situata in declivio verso la palude, munita di mura, sovrastata dal colle più alto, mura che a questa epoca racchiudono la città sono di probabile impianto volsco e circondano un’area quadrilatera (la città alta) in cui nel lato corto ad ovest si apre l’attuale Porta Maggio ed a nord Porta Nuova; all’estremità est era situata probabilmente la prima acropoli, dove più tardi sorgerà il castello dei Frangipane.
 Dopo la conquista romana la città si estende ad est fino al bastione della Vignola di S. Francesco (dove si stabilisce una nuova acropoli, di cui restano avanzi di mura in opera poligonale) e ad ovest in un oppidurn cinto di nuove mura, dove si apre oggi Porta Romana. L’antico tracciato dell’Appia resta l’asse portante dell’insediamento come decumano massimo.
 In epoca sillana si costruisce anche l’acropoli sul monte S. Angelo, munita di nove torrioni circolari e camminamento di ronda. Probabilmente è dell’epoca di Silla anche il tempio a Giove fanciullo (Giove Anxur), di cui restano in cima al monte i ruderi imponenti; per assicurare la visibilità del tempio — vero riferimento territoriale — sia da terra che da mare, fu costruita in cima al monte una immensa piattaforma, sostenuta da arcate, contrafforti e gradinate: su questo “basamento” urge il complesso templare. L’opera di “romanizzazione” della città volsca era stata sancita dalla deduzione di una colonia nel 329 a.C., con il nome di colonia Anxurnas, e si completò con la centuriazione dei terreni agricoli attribuiti a 300 milioni in ragione di due iugeri ciascuno (i segni della colonizzazione sono ancora ben visibili fra la città e le falde del monte Leano). La centuriazione interessò la divisione dei campi sia a nord che a sud del vecchio percorso della via Appia. La ricchezza dei ritrovamenti induce a supporre uno sviluppo agricolo particolarmente florido dal IV secolo fino al II che si estende anche ai territori recuperati dalla bonifica ed è testimoniato da moltissime ville rustiche, organizzate come efficienti fattorie (solo più tardi le ville diventano luoghi di otia).
Molti edifici della città alta, ad opus incrtum, appartengono all’epoca sillana. Prima dell’epoca traianea così si configura la città alta: l’accesso monumentale della città dalla Campania è segnato da un grande arco quadrifronte (i cui resti sono tuttora visibili) sotto il quale passa l’Appia, che funge da decumano della città; lateralmente a quest’asse si apre il rettangolo allungato del Foro Emiliano lastricato probabilmente in età augustea, cuore della città antica e sede della vita civile anche per tutto il Medioevo, dopo alcune trasformazioni degli edifici circostanti.
Sulla piazza, sorretti da imponenti costruzioni che regolarizzano il terreno declivio, prospettano il tempio supposto di Roma ed Augusto (successivamente trasformato in cattedrale) e poco distante il Capitoliurn.
All’epoca di Traiano la città conosce due essenziali modifiche strutturali, oltre una serie di nuove costruzioni: la modifica del tracciato della via Appia, con taglio della rupe per consentire il percorso litoranea della strada, e la costruzione del porto. Il fianco verso mare della parete rocciosa a strapiombo, sulla quale sorge il tempio di Giove, detta Pisco Montano, fu tagliato per circa 40 metri, allo scopo di guadagnare una stretta fascia di costa che consentì (e consente tuttora) alla via Appia di snodarsi più agevolmente lungo il mare, evitando il faticoso valico delle alture; un’iscrizione sul fianco del monte segnala ancora oggi l’ardito intervento di porto di Traiano — che andò poi progressivamente interrandosi — con l’ampia curva del molo e l’antemurale afferma una tipologia, non priva di qualità, che resterà riferimento essenziale in seguito e che viene confermata anche dalla costruzione  non dissimile del porto di Civitavecchia, la città fondata dallo stesso imperatore. Probabilmente, a seguito di questi interventi, Terracina godette di un rinnovato vigore commerciale; sotto gli Antonini e Settimio Severo si sviluppa in basso probabilmente richiamato dalla presenza della strada e del porto, un nuovo nucleo dove, sul nuovo tracciato dell’Appia, si apre il Foro Severiano (resti). Lo sviluppo della città bassa è testimoniato dai resti di magazzini portuali e di un anfiteatro (il perimetro condiziona tuttora l’andamento di via Marcucci). A Terracina bassa stabiliscono anche impianti termali: le Terme delle Arenelle e le Terme Nettuno ricordate da Vitruvio, di cui sono visibili resti in una villa presso il Pisco Montano. Al grande sviluppo dell’epoca tardo romana subentrò, alla caduta dell’impero, un declino notevole dovuto anche al sopravvento della palude sulle operazioni bonifica attuate in età imperiale, che causò l’allagamento della via Appia.
 
                                                 La città ristretta: il Medioevo
 In epoca bizantina un nuovo imponente tratto murale, di cui restano alcuni tratti a ovest di monte S. Angelo, fu aggiunto alla vecchia città alta. In essa si rifugia la vita religiosa e civile e inizia la trasformazione delle strutture romane; l’antico tempio sul Foro Emiliano si tramuta in chiesa cattedrale, consacrata dal vescovo di Terracina nel 1074. La città si era intanto costituita in Comune, che oppose una forte resistenza al dominio signorile della famiglia dei Frangipane; questi, tuttavia, presa la città con le armi, costruirono nella città alta il castello che porta il loro nome. Malgrado i Frangipane avessero ottenuto la legittimazione del loro possesso dalla investitura feudale del pontefice (1144), una rivolta popolare, nel 1202, interruppe il loro dominio. Tornata libero Comune, Terracina, dalla fine del ‘200 fino alle soglie del '400 assume il suo aspetto medioevale con grandi costruzioni, la cui architettura memore della non lontana Fossanova. Si formano in questo periodo ambienti come piazza Cancelli, il palazzo Venditti attiguo alla cattedrale, molti palazzi in via della Palma (purtroppo distrutti dai bombardamenti durante l’ultima guerra). Si usano queste costruzioni il calcare locale e spesso materiali di spoglio, quali i basali provenienti dalla lastricatura dell’Appia; ma non sono rari anche elementi lavorati, come colonne o mensole, o materiali pregiati (i marmi), vengono reimmessi in funzione decorativa nelle nuove costruzioni.
La vita del Comune tuttavia si svolgeva fra contrasti violenti delle fazioni cittadine e dei poteri locali; ed alle difficoltà interne si aggiungevano anche le minacce provenienti dai potenti signori della zona. Nel 1346 i Caetani avevano occupato la fortezza di monte S. Angelo; dopo averli scacciati, i cittadini invocarono protezione di re Roberto d’Angiò. L’attrazione nell’orbita politica del Regno di Napoli si concretò nella breve signoria di Ladislao re di Napoli e poi di Giovanna. Ma una nuova rivolta riportò Terracina sotto la definitiva tutela pontificia (1420) da quel tempo essa diventò l’ultima roccaforte al confine meridionale dello Stato Pontificio (il confine si trovava 3 km a oriente della città, sui bordi del lago di Fondi). Per tutto il ‘500 l’epidemia malarica alimentata dalla pianura Pontina decimò sistematicamente la popolazione, in un crescendo che vide praticamente l’abbandono pressoché totale della città nel 1572, malgrado i tentativi di bonifica compiuti da Leone X e Sisto V. Insieme alla economia, anche il patrimonio architettonico ed urbano andarono via via in rovina.
 
                                                      La rinascita settecentesca.
Una seconda, decisa discesa dell’abitato al mare si verifica con i grandi lavori settecenteschi che promuovono una vera e propria rinascita della città.
Nell’ambito della vasta opera di riforma e conoscenza dello Stato Pontificio concretatasi in una nuova politica di organizzazione del lavoro e delle risorse, che rivitalizza molti centri minori del Lazio — Pio VI (1775-99) affronta con energia e successo il problema del prosciugamento delle paludi; all’ingegnere bolognese Gaetano Rappini vengono affidati i lavori che iniziano nel 1777. L’anno successivo effettua anche un rilievo della città, funzionale ad un rilancio urbano e commerciale di Terracina. Le terre, che intanto erano a poco a poco recuperate alla coltura, ma restavano di difficile abitabilità, finirono col concentrarsi nelle mani del principe Braschi Onesti (nipote del papa) e del Rappini.
Nel 1781 il Rappini fonda, dopo averne redatto un progetto, il Borgo Pio, o della Zarina, situato nella zona in basso vicino al mare. Il pontefice sosterrà l’iniziativa seguendone gli sviluppi con attenzione ed effettuando, fino al 1796, viaggi annuali a Terracina.
Nel primo progetto del Rappini la trama viaria è regolare, le mura bizantine si rompono per far posto ad una nuova sede stradale della via Appia ed alla cosiddetta 'Linea Pia’, che funziona da canale di bonifica. La costruzione del borgo attiva un grande cantiere che si occupa anche delle infrastrutture: la dogana, la posta, la chiesa, i quartieri militari. Si tenta anche di riattare gli acquedotti romani per fornire il centro di acqua potabile e (nel 1781) vengono costruiti i Magazzini dell’Abbondanza, dove vengono stivati i prodotti che cominciano a fluire dalle terre nuovamente coltivate.
La città vecchia non viene abbandonata, ma rientra a pieno titolo in una vasta attività di recupero urbano che si esprime sia nel restauro che in nuove costruzioni; le torri dell’antica cinta sillana sono trasformate in abitazioni, mentre   all’accesso al nucleo antico dell’abitato da nord-ovest viene costruita una nuova Porta Romana (1780).
La più interna Porta Maggio viene abbattuta, insieme ad alcuni fortini, dopo un consulto di medici che considerano l’intervento necessario per consentire una migliore ventilazione di tutto l’abitato antico. Nel centro antico si costruisce il nuovo palazzo della Bonifica, mentre il pontefice acquista e ristruttura l’edificio che diventa palazzo Braschi, dove si stabilisce la residenza papale in Terracina. Dal luogo eminente occupato dal palazzo fino alla pianura sottostante viene tagliata nella duna la Rampa Braschi, una strada in salita, progettata dal Valadier, che assume a funzione di collegamento scenografico fra antico e nuovo.
Giuseppe Valadier assume, nel 1796, la carica di architetto camerale, con vari interventi nell’ambito della bonifica (casolari, stazioni di posta, ecc.). In quegli anni elabora più progetti per la chiesa e convento domenicano di S. Salvatore, da erigersi nel Borgo della Marina; l’ultima stesura, la più vicina alla realizzazione, vede un arretramento della facciata, subordinata e partecipe del disegno semicircolare della piazza antistante: una strada in asse (attuale via Sarti) sbocca al centro dell’emiciclo avendo la facciata come fondale prospettico. La sensibilità urbanistica di questa soluzione è giustamente paragonata alla sistemazione dello stesso Valadier per la piazza del Popolo a Roma.
Quando il pontificato di Pio VI è bruscamente interrotto dalla occupazione francese (1798), anche Terracina ne conosce la dominazione, che segna una battuta d’arresto sia alla costruzione della città che all’opera di bonifica, ed un conseguente calo demografico. Segni di ripresa si avranno solo con la restaurazione pontificia, quando i lavori per la nuova chiesa di S. Salvatore e l’emiciclo, impostati dal Valadier, vengono ripresi da Antonio Sarti (1830) e quando anche il nuovo porto-canale sarà sistemato (1840). Le operazioni definitive di bonifica sono state invece ultimate dopo l’annessione al Regno d’Italia.
Durante l’ultima guerra Terracina ha subito gravissimi danni dai bombardamenti che hanno distrutto o compromesso la leggibilità di molta parte del patrimonio romano e medioevale.
 
Fonte dati:
Touring Club Italiano
Città da scoprire
Centri minori